12 maggio 2018 - Trentottesima cena
Ristorante Collegigliato presso Villa Cappugi.
Ci
ritroviamo, per il cinquantenario dell’esame di maturità del Sessantotto, a cena
al ristorante “Collegigliato” in quel di Villa Cappugi, in quattordici
convenuti, record dal 2007 quando si raggiunse il picco di sedici. Sui sedici
attuali titolari mancano solamente i recidivi Pierino e PPE. E’presente anche
un manipolo di valorosi reduci della 5aA in numero di dieci, aggregatisi
al traino vincente della sezione alfa.
Purtroppo
quegli ex compagni e camerati risultano ormai irriconoscibili sia nei nomi che nei volti, infatti io, per fare un esempio, venderei volentieri
le mie memorie del Sessantotto al miglior offerente, ma non mi ricordo un tubo.
Attorno
al mitico “buffet”, offerto dall’Organizzazione, costituito da tre ciotoline di patatine Pai e
noccioline tostate, e popcorn per tutti, annaffiati da prosecchino diacciato e aranciata calda, si dispiega
la fraternizzazione fra ex compagni e camerati, facendo finta di ricordare gli
studi leggiadri e le sudate carte.
.
Manca
solo purtroppo il leggendario compagno Fello, seguace appassionato di quel
filosofo greco-tedesco di cui non ricordo il nome, ma il cui motto era “Si vis
pacem para bellum, si vis bellum para culum”. Il mitico Fello, sempre in
rivolta, in quel Sessantotto, contro tutto ciò che sapeva di accademico, che venne
poi denunciato per furto di panini e per aver eseguito con essi pratiche
innaturali.
Andiamo
quindi a disporci per la cena, salendo
lieti e pensosi, fino al fienile del primo piano e sistemandoci in due tavoli rigorosamente
distinti per sezione.
Lo
chef pluristellato del ristorante, raccomandatoci dal buon neo cavalier Maurice, si
rivela subito assai autoritario imponendoci uno stringato menù a prezzo fisso scontato,
ma senza alcuna possibilità di deroghe.
Anche il sommelier,
londinese purosangue, circolante fra i tavoli in Aston Martin, ci impone, dispotico, un
vino rosso, sia pure di gran classe, il celeberrimo Marronaia, selezionato, nel fondo Le
Nespole, dal principe Metello Incisa della Gherardesca, che raccoglie solo
acini numerati e spremuti direttamente dalla moglie Ugucciona, a piedi scalzi,
in piccoli cesti di palissandro intarsiato. Inconfondibile il retrogusto di
smalto per unghie, che anche ieri i palati più fini potevano avvertire,
piacevolissimo e morbido.
Col cameriere,
peraltro gentilissimo, ci sono state invece delle incomprensioni sull’acqua.
– Il cameriere: Acqua minerale?
– Io: Naturale
– Il cameriere: Acqua minerale?
– Io: Naturale
– Il cameriere:
(prendendo nota) Acqua naturale.
– Io: Ho detto
minerale
– Il cameriere:
Veramente, mi scusi, ma lei ha detto naturale
– Io: Intendevo:
"naturale, acqua minerale". Non le sembra naturale che io beva acqua
minerale?
– Il cameriere: Anche
il suo amico acqua minerale?
– Cesare: Naturale
– Il cameriere:
(prendendo nota) Minerale.
– Cesare: Ho detto
naturale
– Il cameriere:
Credevo che intendesse come il suo amico: "naturale, acqua minerale".
Invece intende: "naturale, acqua naturale".
– Il cameriere:
(angosciato) Signori! Ho famiglia. Un figlio.
– Io: (commosso)
Legittimo?
– Il cameriere:
Naturale …
– Io: E non può
legittimarlo?
– Il cameriere:
Perché dovrei legittimarlo, se è già legittimo.
– Io: Ha detto che è un
figlio naturale.
– Il cameriere: No.
Intendevo: "naturale, è legittimo".
– Io: Va bene, vedo
che oggi è un po’confuso. Ci porti un Bourbon doppio.
.
Risolti
i problemi dell’acqua, si mangia un po’ così e così, con lunghe soste,
intervallate da racconti epici, ma a molti sconosciuti o svaniti nelle nebbie
dell’oblio, sui fantomatici pesci sega del Portogallo, che feriscono il mio
cuore d'un monotono languore.
Poco prima del dessert giunge da Roma, scortato da due corazzieri, il segretario generale del Quirinale che per, conto del presidente Mattarella insignisce, fra trombar di squillo, un insigne commensale, del cavalierato della Repubblica. Emozione generale e qualche lacrimuccia.
Poco prima del dessert giunge da Roma, scortato da due corazzieri, il segretario generale del Quirinale che per, conto del presidente Mattarella insignisce, fra trombar di squillo, un insigne commensale, del cavalierato della Repubblica. Emozione generale e qualche lacrimuccia.
Alla
fine ci trasferiamo all’aperto dove dolce e chiara è la notte e senza vento. Le
fanciulle in minigonna gridando su la piazzuola in frotta, e qua e là saltando,
fanno un lieto romore, e là, finalmente, degustiamo il bicchiere della staffa
ed il caffè, mentre già tutta l’aria imbruna e tornan l’ombre giù dai colli e
da’ tetti, al biancheggiar della recente luna.
Si
raccolgono infine i 25 euri cadauno del conto, invero assai modico, e si provvede
al saldo. Ci
accomiatiamo infine fra lunghi singhiozzi dei violini di maggio, anzi il
chiarir dell’alba.
Purtroppo poi ho
dormito malissimo. Infatti riuscire a superare la notte, dopo aver cenato fuori, sta diventando per me sempre
più difficile. Stanotte ho avuto la strana sensazione che degli uomini
cercassero di irrompere nella mia stanza per farmi uno shampoo. Perché? Mi
sembrava di vedere delle ombre vaghe, e alle tre del mattino la canottiera che
avevo messo sullo schienale di una sedia assomigliava tremendamente al Kaiser
su pattini a rotelle. Quando finalmente mi sono addormentato ho avuto il solito
incubo mostruoso di quella marmotta che mi vince a tombola. Disperazione.
Eppure, mangiare è un
diritto, ma digerire dovrebbe essere un dovere.
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